martedì 29 maggio 2007

VI - Meccanismi e pensieri

Una cosa mi balza nella testa. Ho notato che, ogni qualvolta si riesca ad estrapolare una parte dell'intelligenza necessaria a compiere un'azione e la si implementi in una qualunque macchina, automaticamente quell'azione non pare più essere frutto di intelligenza.

Mi spiego.

Tutti riconoscono che per giocare agli scacchi è necessaria una certa intelligenza. Vi sono programmi che, utilizzando meccanismi più o meno complessi (dall'analisi dell'albero delle mosse a meccanismi di euristica piuttosto raffinati) riescono a giocare a scacchi molto meglio della gran parte delle persone. Eppure non sono ritenuti intelligenti per questo.

Sono convinto che se non si fosse coscienti di aver davanti una macchina, non si sarebbe in grado di distinguere tra il giocatore umano e quello sintetico. Ma allora, su che base può definirsi cosa sia e cosa non sia "capace di pensare"? Penso che, quando diviene chiaro il meccanismo che forma il pensiero, lo stesso perda il suo fascino di esser parte di qualcosa di "intelligente" e diventi qualcosa di "meccanico".

E se "intelligente" altro non fosse che l'ammettere che ciò che di "meccanico" crea quell'azione è troppo profondo e complesso per essere compreso, almeno al momento? Se così fosse (ed io ne sono convinto), sarebbe confermata l'ipotesi - o sarebbe meglio dire la speranza - di Turing che dalla complessità del software sarebbe nata l'Intelligenza Artificiale.
"Intelligente" è qualunque azione che che sta al di là del confine della piena comprensione.

Quando avremo (e le avremo) macchine capaci di pareggiare l'uomo, considereremo la macchina intelligente o l'uomo un meccanismo? In fondo, entrambe le scelte sono corrette. Penso che la scelta emergerà dal modo in cui l'intelligenza verrà ricreata: se attraverso meccanismi completamente noti (ed in tal caso dovremmo aver compreso appieno il cervello umano, e non è impresa da poco, e potremmo considerare l'uomo come macchina) oppure se essa emergerà dalle interazione di un'infinità di piccoli mattoni noti, dove il tutto sarà molto più che la semplice somma delle parti (in tal caso, dovremmo ammettere che la macchina è intelligente).

L'evoluzione dei linguaggi di programmazione dalle funzioni agli oggetti e dagli oggetti agli agenti suggerisca che sarà la seconda scelta quella vincente.

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